Linguaggio e Comunicazione Visiva
La semiotica, scienza dei segni
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- Category: Linguaggio e Comunicazione Visiva
- Creato: 20 Giugno 2016
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L’uomo è portato a cercare di conferire significato a tutto ciò che lo circonda. In secondo luogo, sente l’esigenza di comunicare ad altri le proprie idee, utilizzando una serie di strumenti che definiscono un linguaggio. Esistono vari tipi di linguaggio, ciascuno dei quali si serve di segni, che costituiscono un sistema.
La semiotica (o semiologia) è la scienza che studia questi sistemi, per poter dare significato ad ogni oggetto od evento creando, interpretando e comunicando “segni” (o semi, dal greco semeion, nella terminologia usata dai semiologi). Come già detto il segno, elemento base della comunicazione, sta sempre per qualcosa, ossia rappresenta un oggetto o un evento e può presentarsi in forma di parola, immagine, suono, odore e sapore, atteggiamenti e gesti. Questi segni, uniti fra loro e regolati da precise norme, costituiscono il linguaggio della comunicazione. Abbiamo visto che il linguaggio può essere verbale e non verbale: la comunicazione visiva si occupa, in prevalenza, dei linguaggi non verbali, soprattutto del linguaggio visuale.
Le lettere dell’alfabeto sono dei significanti. Alla loro origine, però, esse nacquero come pittogramma, cioè come rappresentazione di un referente, come si può vedere nel segno grafico che sta alla base della formazione della lettera A.
La rappresentazione visiva dello stesso segno è varia ed è soggetta ad un continuo processo di evoluzione e di aggiornamento: basti osservare, ad esempio, la figura riprodotta sopra, che illustra lo sviluppo del carattere latino A, dal pittogramma al moderno carattere fonetico A, con le relative varietà di rappresentazione. La semiotica parte comunque dal presupposto che tutto può diventare segno, ma solo a partire dal momento in cui noi gli diamo un significato. Esistono diversi modelli applicativi della semiotica, soprattutto per la linguistica.
Ferdinand de Saussure (1857-1913), ad esempio, definì “segno” ciò che è composto di due proprietà imprescindibili:
- un significante, ovvero la forma materiale che questo segno assume;
- un significato, ovvero il concetto che rappresenta, contenuto del messaggio.
Successivamente, alle due proprietà si aggiunse il cosiddetto referente, cioè l’oggetto concreto cui si riferisce il segno. Questa triade costituisce la base di ogni tipo di comunicazione e va accuratamente definita. Ad esempio, se nel reparto elettrodomestici di un ipermercato vediamo un cartello con la scritta “BATTERIE” (significante) sappiamo dove rifornirci di pile (significato) per il nostro walkman. Si dice allora che il rapporto tra significante e significato crea un processo di significazione. Il referente del segno è la pila. Un altro esempio: davanti a un semaforo rosso (significante) noi sappiamo che dobbiamo fermarci (significato). Il referente, in questo caso, è il semaforo stesso. Non sempre ad un significante corrisponde lo stesso significato: se il cartello “BATTERIE” è esposto nel reparto casalinghi, la massaia immagina pentole da cucina; se invece è posizionato nel reparto degli strumenti musicali il musicista andrà in cerca di piatti e tamburi. Analogamente, il significato “fermarsi”, anziché dal semaforo può essere suggerito dal cartello stradale “STOP”, annesso alle righe bianche tracciate sull’asfalto. Starà quindi a noi, per una efficace comunicazione visiva, decidere quale significante e quale significato abbinare al referente per una corretta significazione.