Periodi e movimenti

Secondo Dopoguerra a oggi

Gli eventi della Seconda Guerra Mondiale determinarono un disagio nella società occidentale. La violenza e la distruzione avevano lasciato dietro di loro una generale condizione di insicurezza. Nel Dopoguerra, si verificò una rapida crescita produttiva e dei beni, che modificarono le abitudini di vita di tutti. Crebbe, però, anche la consapevolezza delle diseguaglianze in seno alla società e l’esigenza di rifondarne i valori.

In generale, gli artisti espressero una condizione di pessimismo e di profondo disagio. Solo negli anni Sessanta essi trasformarono questo sentimento in aperta denuncia: dopo i moti giovanili del 1968, nacquero in Europa e negli Stati Uniti movimenti artistici di rottura, fondati sul rifiuto di qualsiasi legame con ciò che li aveva preceduti e su una decisa volontà dissacrante. Oggi ormai viviamo in un contesto di globalizzazione, sia economica che artistica. Inoltre, alle tradizionali tecniche si sono ormai affiancate le nuove tecnologie informatiche e multimediali, che aprono nuovi scenari alla creatività degli artisti.

Espressionismo astratto

Si affermò soprattutto negli Stati Uniti. Le sue caratteristiche sono:

  • grande dimensione delle opere, ereditata dalla pittura murale;
  • piattezza della superficie, con l’abolizione di ogni illusione di profondità e di prospettiva; inoltre, la superficie dipinta tende a presentarsi priva di rilievi (Color field di Rothko);
  • importanza del gesto e pittura come espressione diretta dell’esperienza dell’artista (Action Painting o Arte gestuale di Pollock e de Kooning).

Arte informale, materica e segnica

Praticata soprattutto in Europa, essa è caratterizzata dal rifiuto di ogni riferimento a forme reali definite e riconoscibili. Possiamo individuarvi due tendenze: una valorizza il segno-gesto, ed è quella che più si avvicinò all’Action Painting americana (Hartung, Fautrier, Capogrossi, Vedova, Fontana). L’altra, invece, detta materica, è orientata a valorizzare scarti e frammenti di oggetti, ma anche il colore a olio utilizzato come una pasta densa (Burri, Tàpies, Dubuffet).

La Pop Art

La Pop Art nasce in Inghilterra nel 1956, in occasione della mostra londinese This is Tomorrow (Questo è il domani). Protagonisti furono Richard Hamilton (1922), Eduardo Paolozzi (1924), Ron Kitaj (1932), Allen Jones (1937) e Peter Blake (1932). Quest’arte testimoniava, senza intenzioni di condanna politica o di indagine sociale, la condizione mondana e disimpegnata della Londra degli anni Cinquanta e Sessanta. Furono però gli artisti statunitensi a sviluppare maggiormente le premesse della nuova tendenza, grazie alla grande immediatezza comunicativa dimostrata da grandi personalità artistiche: Andy Warhol (1928-1987), Roy Lichtenstein (1923-1997), George Segal (1924- 2000), Claes Oldenburg (1929), Jasper Johns (1930), James Rosenquist (1933), Tom Wesselmann (1931-2005). La sua celebrazione internazionale avvenne in occasione della Biennale di Venezia del 1964. Gli artisti furono ispirati dagli effetti del consumismo, senza, tuttavia, criticarlo a priori. Il soggetto, infatti, veniva isolato, manipolato, ingigantito o riprodotto in serie, sottoponendolo ad una ulteriore attenzione da parte del pubblico. Il nome del movimento è desunto dall’inglese “popular”, termine che si riferiva alle nuove forme di vita urbana e ai nuovi miti di massa. I caratteri principali della Pop Art sono:

  • l’attenzione all’oggetto di produzione industriale e di uso comune;
  • la rappresentazione della realtà trasmessa dalla pubblicità e dai mass-media, quali i fumetti, i rotocalchi, la televisione;
  • l’analisi del gusto popolare e del kitsch (ovvero ciò che è generalmente considerato di cattivo gusto);
  • la rappresentazione di personaggi considerati di culto, quali divi del cinema, cantanti pop, politici;
  • l’utilizzo delle tecniche di riproduzione meccanica, come la serigrafia;
  • l’uso di colori uniformi e accesi, ripresi dai cartelloni pubblicitari;
  • l’uso dell’assemblaggio polimaterico.

ll Nouveau Réalisme in Francia

Nel 1960, in Francia, sulla scia del New Dada, il critico d’arte Pierre Restany conia il termine Nouveau Réalisme per raggruppare artisti che, nelle loro opere, compiono “gesti” su oggetti di uso comune, come per appropriarsi di un frammento di realtà. Ad esempio, César usa assemblare automobili, pezzi meccanici o scarti industriali, trasformandoli in masse compatte mediante presse industriali; Arman, a sua volta, procede per accumulazione di oggetti usati o scartati; Christo impacchetta accuratamente oggetti e monumenti urbani; Jean Tinguely crea complesse sculture in movimento, azionate da motori elettrici, saldando pezzi meccanici; Mimmo Rotella, italiano, usa strappare manifesti cinematografici sovrapposti e incollati.

Nuova astrazione

Le opere degli artisti eredi dell’Astrattismo storico di Mondrian e di Malevič vengono genericamente raggruppate sotto la definizione di Nuova Astrazione. La superficie del quadro diventa un campo pittorico strutturato, in cui il colore agisce come presenza concreta, fisicamente oggettiva. Ricordiamo l’opera di Josef Albers (1888-1976), già docente del Bauhaus. Altri artisti importanti sono Mark Rothko (1903- 1970), Barnett Newman (1905-1970) e Morris Louis (1912- 1962). L’esordio della nuova corrente avviene nel 1964 alla XXXII Biennale di Venezia.

Land art e public art

È l’Arte nel paesaggio. Questa corrente si è sviluppata negli Stati Uniti alla fine degli anni ’60 e si è poi affermata in Europa, ponendo l’attenzione sul tema dell’ambiente. L’artista interviene sul paesaggio realizzando grandi segni, in modo temporaneo o attraverso radicali trasformazioni. Quando sculture ed installazioni si innestano nel tessuto urbano, su grande scala, si parla di Public Art, che determina spesso la qualità estetica delle città. Tra gli artisti più significativi ricordiamo Walter De Maria (1935), Richard Long (1945), Dennis Oppenheim (1938-2011), Christo (1935) e Robert Smithson (1938-1973). In Italia ricordiamo il Cretto di Alberto Burri (1915-1995) a Gibellina (Sicilia), sui luoghi del terremoto.

Minimalismo

È la tendenza artistica che si orienta alla realizzazione di opere che si fondano su elementi e segni essenziali. I modelli storici di riferimento sono l’Astrattismo geometrico, De Stijl e il Costruttivismo. Le opere derivano da forme primarie ed elementari, disposte in sequenze ripetitive, con semplici variazioni (iterazione variata); si usano materiali industriali, pochi colori e con stesura piatta, spesso monocromi. Rappresenta un po’ la premessa all’Arte concettuale. Esponenti del minimalismo sono Frank Stella (1936), Sol LeWitt (1928-2007), Dan Flavin (1933-1996), Richard Serra (1939), Donald Judd (1928-1994) e Robert Morris (1931).

Arte concettuale

L’arte è concepita come un’attività creativa pura, vicina alla riflessione filosofica: compito dell’artista è stimolare meccanismi di pensiero. Il fine dell’opera è l’idea che ne sta alla base. L’opera, al limite, potrebbe non venire realizzata, oppure essere realizzata da chiunque, una volta che ne sia stato fissato il progetto. L’opera, inoltre, è indipendente dalla materia (come la tela o qualsiasi altro supporto) e dalla manualità, in quanto essa coincide, di fatto, con un processo puramente mentale. Esponenti di spicco sono Joseph Kosuth (1945), Bruce Nauman (1941) e il gruppo inglese Art Language.

Arte povera

Così definito dal critico Germano Celant, nel 1967, è un movimento tipicamente italiano. L’Arte povera prevede un processo di riduzione e semplificazione dell´opera d’arte; utilizza, appunto, materiali poveri (legno, stoffe, pietre, gesso, ecc.) e forme naturali e primitive, quasi a voler rievocare l’energia primordiale delle cose contro il progresso tecnologico. Tra i maggiori interpreti: Mario Merz (1925-2003), Jannis Kounellis (1936), Michelangelo Pistoletto (1933), Giuseppe Penone (1947), Luciano Fabro (1936-2007), Gilberto Zorio (1944), Giulio Paolini (1940), Pino Pascali (1935-1968), Alighiero Boetti (1940-1994).

Performace e body art

La Performance consiste in un’azione programmata e non improvvisata, vicina all’azione teatrale. Nel caso di improvvisazioni si parla di Happening. Alcuni artisti si esprimono, singolarmente, attraverso il gesto o il movimento del corpo. Nasce così la Body Art: l’azione può essere eseguita con la voce, la danza o con spettacolari provocazioni. In tutti i casi, o si assiste all’azione o quello che rimane dell’azione è una ripresa fotografica o video. Tra questi artisti ricordiamo le azioni di Gina Pane (1939-1990), Vito Acconci (1940), Marina Abramovič (1946) e i due inglesi Gilbert & George (nati rispettivamente nel 1943 e nel 1942).

Scultura del Dopoguerra

Nel secondo Dopoguerra erano ormai accettati, accanto alle opere scultoree di tipo tradizionale, con forme piene e volumi compatti, anche gli assemblaggi di materiali eterogenei. In questi anni, dunque, è stato preso in considerazione un ampio repertorio di stili e di tecniche, con risultati molto diversificati anche sul piano espressivo. Alcuni artisti, comunque, si sono imposti in ambito internazionale, per la loro geniale personalità: tra questi ricordiamo l’inglese Henry Moore e lo svizzero Alberto Giacometti.

Scultura in Italia

Nel periodo a cavallo tra i due conflitti mondiali si sviluppò, accanto a una scultura profondamente coinvolta con la tradizione, una corrente di ricerca e di sperimentazione. Alcuni artisti assecondarono il regime fascista con sculture imponenti e retoriche, per celebrare “lo spirito eroico della gioventù italica”. Altri si distinsero per la loro ispirazione antimonumentale e per originalità espressiva. A partire dagli anni ’50 anche la scultura, come la pittura, scelse strade che si allontanavano progressivamente dalla figurazione realistica.

Graffitismo

L’arte dei graffiti è nata negli Stati Uniti alla fine degli anni Sessanta. Si è diffusa a partire dai quartieri poveri delle aree metropolitane, espressione del disagio delle giovani generazioni. Successivamente si è evoluta in Street Art, comprendendo anche stickers, collage, disegni preparati al computer. Negli anni Ottanta gli interventi venivano realizzati su qualsiasi superficie disponibile della città: le fiancate degli autobus e i convogli della metropolitana, i sottopassaggi, i muri di caseggiati, esprimendo il ritmo convulso della vita metropolitana. Importanti interpreti del graffitismo sono stati Keith Haring (1958-1990) e Jean-Michel Basquiat (1960-1988).

Transavaguardia

All’esigenza di tornare alla figurazione si è ispirato il gruppo Transavanguardia, sorto nel 1979 su iniziativa del critico Achille Bonito Oliva; ne sono stati interpreti, fin dall’origine, i pittori Sandro Chia (1946), Francesco Clemente (1952), Enzo Cucchi (1949), Nicola De Maria (1954), Mimmo Paladino (1948). Gli artisti manifestano un atteggiamento eclettico: fanno, cioè, coesistere citazioni cubiste, futuriste, surrealiste, dell’arte popolare. Si ritorna alla manualità, alla tela dipinta, si mette in dubbio l’idea del “nuovo” e si pratica un attraversamento (trans), una contaminazione di tutte le avanguardie precedenti.

Video art e nuovi media

A partire dagli anni Sessanta, anche i mezzi multimediali sono entrati nella produzione artistica, sia come mezzi tecnici, sia come fonte inesauribile di segni, colori, immagini. Queste possono essere manipolate dal computer, che può alterare realtà oggettive ed innescare processi di imprevedibile cambiamento. La Videoarte non rappresenta un movimento o una tendenza espressiva definita; le diverse sperimentazioni hanno in comune solo il mezzo utilizzato. Le immagini possono essere proiettate su parete o su monitor. Il coreano Naim June Paik (1932-2006), Joseph Beuys e Bill Viola sono tra i migliori esponenti della videoarte. In Italia ricordiamo Mario Schifano e Studio Azzurro.

Neespressionismo

In Germania, nel corso degli anni ’70, in opposizione all’Arte concettuale, alcuni neoespressionisti tornano alla pittura e al contenuto significativo delle immagini. Artisti come Anselm Kiefer (1945), Gerhard Richter (1932), Georg Baselitz (1938) propongono un modo storico di rileggere l’Espressionismo dell’inizio del secolo, alla ricerca di una identità liberata dai fantasmi dell’ideologia nazionalista. Vengono anche chiamati Nuovi selvaggi. Si torna ad attribuire valore all’opera d’arte, dopo la freddezza e l’impersonalità ottenute sostituendo la pittura con la fotografia, l’oggetto ready-made, il video, la parola.

Iperrealismo - arte oggettuale

Agli inizi degli anni ’70, dalla Pop Art americana nasce una tendenza iperrealista, per cui la realtà è rappresentata in modo ancora più realistico che con la fotografia: le sculture, in resina colorata, sono tali da sembrare persone vere. Ricordiamo, in particolare, le opere di Duane Hanson (1945-1996). Negli anni Ottanta, poi, l’arte abbandona la ricerca concettuale e recupera il valore dell’oggetto e della materialità. L’oggetto di consumo viene esaltato ed esibito alla stregua di un oggetto di culto. L’esecutore deve garantirgli una qualità tale da renderlo competitivo con i più attraenti beni di consumo. Jeff Koons (1955) e Damien Hirst (1965) ne sono gli esponenti principali.

Post organici

Il movimento è stato presentato da Hélena Kontova nella sezione Aperto93 della Biennale di Venezia. Nuovi linguaggi come tattoo, piercing, performance provocatorie puntano sull’aspetto estetico, passando per la bellezza artificiale del lifting e i canoni della moda, del comportamento o della comunicazione. è un fenomeno artistico marginale ma molto diffuso tra le giovani generazioni e per questo trova molta attenzione da parte dei mass media. Pierre e Gilles (1950 e 1953), la fotografa americana Nan Goldin (1953), Vanessa Beecroft (1969) e Maurizio Cattelan (1960), a vario titolo, si inseriscono in questo movimento.

ARCHITETTURA DEL SECONDO DOPOGUERRA

La diffusione del razionalismo

Gli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale videro un forte incremento dell’attività edilizia. Negli Stati Uniti ebbero un importante ruolo gli architetti europei che vi si erano trasferiti per sfuggire ai regimi totalitari dei loro Paesi: tra questi spiccano Walter Gropius e Ludwig Mies van der Rohe. Il linguaggio di riferimento fu quello razionalista, che si impose fino agli anni Settanta. Questo linguaggio si è diffuso nel mondo con la denominazione di International Style e ha creato un modello comune di edifici in tutto il mondo occidentale e, in seguito, anche in molti Paesi in via di sviluppo.

La tendenza brutalista

Il Brutalismo, affermatosi negli anni Cinquanta, deriva il nome dal francese “béton brut” (cemento a vista); esso predilige, infatti, i materiali grezzi come cemento a vista, mattoni, sassi, tubi scoperti. Il Brutalismo è una risposta alle asettiche superfici in vetro dei grattacieli o agli impianti rigidamente modulari. Il movimento conta l’apporto dell’americano Louis Kahn (1901-1974), del giapponese Kenzo Tange (1913-2005) e, in Italia, di Vittoriano Viganò (1919-1995).

L’architettura high-tech

Negli anni Cinquanta è emersa la corrente del Produttivismo e, negli anni Settanta, quella dell’architettura High-Tech (Alta Tecnologia). L’architettura produttivista si basa sull’assemblaggio di elementi modulari prefabbricati. Richard Buckminster Fuller (1895-1983), ad esempio, realizzò delle cupole geodetiche moltiplicando uno stesso modulo geometrico fino a creare reticoli di dimensioni gigantesche. L’architettura High-Tech utilizza una tecnica evoluta, basata sul calcolo delle strutture e su materiali tecnologici. Importanti interpreti sono l’italiano Renzo Piano (1937), il tedesco Frei Otto (1925) e l’inglese Norman Foster (1935). Quest’ultimo ha realizzato il progetto per il Nuovo Parlamento a Berlino, il Reichstag: una cupola in vetro sostenuta da un telaio in metallo.

L’architettura postmoderna

Gli architetti postmoderni propongono il ritorno alla forma libera, recuperano gli ordini architettonici ed altri elementi dell’architettura classica, usandoli come citazioni frammentarie. Principali interpreti postmoderni sono gli architetti americani Charles Moore (1925-1993) e Robert Venturi (1925), lo spagnolo Ricardo Bofill (1939), l’austriaco Hans Hollein (1934), gli italiani Paolo Portoghesi (1931) e Aldo Rossi (1931-1997) e lo svizzero ticinese Mario Botta (1943).

Architettura decostruttiva e pluralismo compositivo

Negli ultimi anni si è imposta un’architettura caratterizzata da forme interrotte o asimmetriche, superfici ricurve e sempre variate. Nella città contemporanea appaiono edifici-sculture: si tratta di un’architettura spettacolare, che utilizza materiali diversi, dagli acciai speciali al legno. Celebri sono gli edifici di Frank O. Gehry, caratterizzati dall’accostamento di volumi quasi giustapposti fra loro e da materiali nuovi, quale il titanio, con i quali modella forme dal carattere plastico e scultoreo. Altri interpreti sono gli inglesi Herzog & De Meuron e l’iraniana Zaha Hadid (1950).

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